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Locomotiva FS E326

Le Locomotive E326 sono un gruppo di locomotive elettriche costruite dalle Ferrovie dello Stato italiane negli anni '30.

Storia e Tecnica

Le E326 fanno parte di una "famiglia allargata" di rotabili costruiti tra gli anni venti e i trenta dalle Ferrovie Italiane secondo la nuova filosofia dell'"interoperabilità", voluta dall'ingegner Giuseppe Bianchi per ridurre costi e tempi di manutenzione delle locomotive: la standardizzazione delle componenti permetteva di mantenere sempre una buona disponibilità di ricambi, rendendo più agevoli le non infrequenti riparazioni.
Nella seconda metà degli anni '30 le ferrovie italiane fecero il grande passo dal trifase alla corrente continua, con l'entrata in servizio di tre nuove famiglie di locomotive: il gruppo E428 per il traino di treni a pesante composizione, il gruppo E626 con funzioni multiruolo e il gruppo E326 concepite nelle intenzioni dei pianificatori come locomotive leggere ad alta velocità per treni passeggeri. Nelle prove in linea queste macchine raggiunsero la velocità, per allora ottima, di 140 km/h. Le E326, come le altre consorelle di quegli anni, scontavano inevitabilmente l'inesperienza dei progettisti, che si trovarono a dover creare una motrice elettrica pur rimanendo legati alle idee e alle concezioni tipiche delle vaporiere. Le ruote motrici, di grandi dimensioni, erano tipiche delle locomotive a vapore come le Gruppo 640 e Gruppo 685, dove era necessario mantenere regimi di rotazione piuttosto bassi degli assi motori per problemi di bilanciamento delle parti in moto alternativo. Qui la scelta di ruote grandi venne sostenuta per aumentare ulteriormente la velocità, già incrementata dal rapporto di trasmissione extra-lungo.
Le E326, nonostante la destinazione a "servizi leggeri" con le loro 114 tonnellate erano macchine piuttosto pesanti, a causa di una tecnologia ancora embrionale e non ancora affinata. Questo spinse i progettisti ad adottare una soluzione applicata anche sulle vaporiere: l'aggiunta di alcune ruote "folli", cioè non traenti, davanti e dietro alle ruote motrici centrali, che sostenevano il peso della macchina riportandolo negli standard accettati dalla struttura del binario e favorivano l'inserimento della macchina in curva.
Anche la scelta del posizionamento delle ruote motrici, in numero dispari e senza giochi di traslazione laterale, al centro della cassa era figlia delle esperienze precedenti su mezzi dai requisiti molto diversi. L'insieme di questi tre fattori portò all'adozione del rodiggio 2 Co 2 (peraltro usato in locomotive a vapore per treni veloci), con un carrello con due assi portanti anteriore, i tre assi motori al centro, motorizzati singolarmente, e ancora un carrello a due assi portanti posteriore.
Questa scelta, unita alle dimensioni delle ruote motrici (quasi il doppio di quelle usate in seguito) e al conseguente lungo passo rigido di 5 metri, creò diversi problemi di affidabilità e prestazioni a queste motrici che in curva soffrivano di sforzi laterali non compensati sull'asse centrale (nocivi anche per l'armamento) e in rettilineo erano scossi da moti di serpeggio. Non per nulla questa locomotiva era nota tra i macchinisti con il soprannome di "Tagliascambi" per la fastidiosa abitudine di sviare se il raggio di curvatura dello scambio era troppo stretto.
Tra il 1935 e il 1936 i problemi tecnici sopra elencati portarono al declassamento del limite di velocità dai 140 km/h delle prove a 105 km/h, successivamente abbassato di nuovo nel 1960 a 90 km/h per venire incontro all'obsolescenza tecnica e alle sempre maggiori richieste di confort di servizio.
Durante la Seconda guerra mondiale i bombardamenti danneggiarono tutte e 12 le unità del gruppo, lasciandole ferme finché non vennero recuperate e riparate tutte nelle OGR di Foligno, tranne la 006 che venne affidata alle officine del Deposito Locomotive di Bologna. Rientrarono tutte in servizio nel 1949. Il rinnovo portò ad alcune modifiche minori, come l'arretramento della rampa di accesso alla cabina e l'aggiunta di due castelletti protettivi intorno ai pantografi, oltre ad alcune modifiche strutturali alla cabina e all'adozione della livrea Castano-Isabella in luogo della colorazione Grigio Pietra caratteristica degli anni '30.
Un ulteriore rinnovamento negli anni '60, con l'abbassamento a 90 km/h della velocità massima omologata, portò anche ad altre modifiche come l'installazione della tromba di emergenza e un intervento alle sospensioni, modificate con l'aggiunta di molloni. Pochi anni dopo venne aggiunto anche il vomere sul pancone anteriore, si procedette all'installazione del sistema di ripetizione del segnale (1969) e il compressore meccanico venne rimpiazzato con uno standard.
Negli anni '70 le E326, ormai quarantenni e relegate ai servizi locali cominciarono ad essere rimosse dal servizio e demolite. Oggi sopravvive solo la E326.004, conservata al Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa (NA), dove viene mantenuta in condizioni pienamente operative. Nessuna unità di questo gruppo è mai stata coinvolta in incidenti (al di fuori dei bombardamenti del conflitto).



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Dati tecnici principali E326 FS
Anni di progettazione 1929
Anni di costruzione 1930 - 1933
Anni di esercizio 1930 - 1970 circa
Quantità prodotta 12 esemplari
Dimensioni E326 001-002: 16'300 mm x (larghezza?) x (lunghezza?)
E326 003-012: 16'400 mm x (larghezza?) x (lunghezza?)
Interperno 5'000 mm
Peso in servizio 114,4 t
Rodiggio 2 Co 2
Diametro ruote motrici 2'050 mm
Rapporto di Trasmissione 29/103
Potenza oraria 2'100 kW
Velocità massima omologata 140 km/h, poi limitata in più riprese fino a 90 km/h
Alimentazione 3kV CC